Angrema
30/12/2003
 
IL PAESE CHE NON VORREI
LA QUESTIONE MORALE


Mi sembra che, nel villaggio globale, i Paesi che contano si avviano verso dei comportamenti decisionali di tipo binario.

Un Paese particolare, ove la frontiera fra il bianco e il nero, fra il lecito e l’illecito, fra la decisione e il rinvio, diviene variegata, incerta, con varii toni di grigio, non mi sembra possa facilmente aspirare, oggi, ad uno sviluppo economico di prima grandezza. Puo’ darsi anzi che la sua società, restando spesso in tale fascia di incertezza, debba poi contentarsi delle briciole che rimangono nello sviluppo nel villaggio globale.


In una terra ove la rassegnazione balcanica si diffonde sempre di più, ove il livello di giustizia puo’ essere influenzato in qualche modo, ci saranno sempre più ras e padrini che vivranno alla grande. Altri potrebbero arrivare. In un Paese ove la chiarezza della legge e il funzionamento della giustizia lasciano a desiderare, ci potrebbe essere un rischio: che mafie potenti vengano da altri Paesi a stabilire in Italia il loro Q.G.


In un Paese ove si diffonde l’idea che sia conveniente scegliere bene la cordata a cui legarsi, le persone da contattare, le posizioni da prendere su questioni importanti, a seconda di cio’ di cui si puo’ aver bisogno. Ove c’é una certa imitazione della società di guelfi e ghibellini, con tutta la conflittualita conseguente, é un Paese che non sceglie lo sviluppo economico, anzi rischia la giungla.


Un Paese ove alcuni accettano di cercarsi un referente per avere quello che lo stato non é capace (o non vuole) darti. Un Paese ove puo’ capitare che il colore di un oggetto dipende da cosa ti conviene al momento. E un Paese ove c’é un grande imperativo: affrontare la questione morale. Se invece la questione morale non la si vuole affrontare, quel Paese meriterà cio’ che probabilmente capiterà un giorno: il bloccaggio del sistema sociale.

Negli altri Paesi della U.E., l’atteggiamento da tenere tiene spesso conto di alcuni imperativi etici o di correttezza. In un Paese ove l’atteggiamento da tenere invece si basa troppo spesso su tornaconti personali, anche a dispetto dei valori correttezza e morale, si rischia col tempo la giungla o il caos. Se poi il valore organizzazione continua ad essere anch’esso tralasciato, allora il caos diviene l’effetto più probabile.

Antonio Greco
ANGREMA@wanadoo.fr

P.S. Che é disponibile a presentare, dall’Europa, le ragioni delle inefficienze italiane

 
IL BEL PAESE A FINE SECOLO XX

Un amico, che ha letto una mia Lettera dall’Europa, mi chiede di descrivere cio’ che é successo recentemente nella società italiana, quali cause e quali effetti.

La risposta che do é un tentativo. Perché le cause ed effetti si intersecano ed interagiscono in modo non sempre diretto. Perché l'osservazione di un fenomeno di deriva in una regione puo essere molto diverso in un altra regione. Faccio un esempio: oggi nel Lazio c'é un menefreghismo ed un'approssimazione come sistema di vita. Mentre, nello stesso tempo, nel veneto esiste ancora la serietà ed una certa precisione e coerenza (passato austroungarico aiutando).

Ab ovo credo che ci sia stata la flessibilità italiana, conosciuta in tutta Europa (ed un tempo ammirata, quando c'erano ancora comportamenti corretti diffusi). Inoltre c'era già in passato la preferenza per l'intuizione, piuttosto che per la riflessione ragionata. Che, col tempo, quando il vivere alla giornata inizia a diffondersi, diviene l'approccio più diffuso. I popoli serii della U.E. non hanno intuizione, quindi si fidano di analisi complete, serie, di paragoni fra diverse opzioni, di ragionamento logico e organizzato. Noi non abbiamo mai favorito questo approccio, pero' una volta rispettavamo le persone serie che lo avevano (molti tecnici, ma non solo). Ora sono spariti, forse impauriti dalla confusione........

Oggi, il villaggio globale ha portato a:

- rapidità delle decisioni da prendere per smarcare la concorrenza;
- molteplicità dei concorrenti che offrono soluzioni diverse.

In un ambiente simile, io credo possono meglio sopravvivere quelli che usano impostazioni ragionate (che tengono conto di tutti i fattori in gioco), anziche gli intuitivi, che in un regime di rapidità prendono facilmente la strada sbagliata, trascurando il lungo termine, oppure per l'icapacità dell'intuizione di tener conto di tutti i fattori in gioco.

Detto questo, la flessibilità, l'intuizione sono state recentemente accoppiate ad una cattiva scelta (per le conseguenze) fatta dalla società odierna:
- teniamo conto di quello che ha deto il VIP X, senza guardare se X é serio , senza verificare se quello che ha detto é vero.
- chiunque puo predicare e sparare pareri, anche in materia che non conosce. Non vale molto la pena controllare.
In questo modo si attenua la distinzione fra persone serie e demagoghi.

Cio' avviene naturalmente in una società che ha abbassato il livello di soglia dei comportamenti accettabili all'altezza delle fogne.

Queste due scelte balorde, recenti, nella vita pubblica italiana sono un po' collegate alla confusione. Perché c'é confusione ? perché nella complicata vita moderna non si puo' rinunciare all'organizzazione (che noi in Italia ignoriamo), pena la decadenza. Il mondo é troppo variegato, la confusione compare se non c'é organizzazione ragionata, programmata e coerente. A questo proposito, ho messo sul Forum del sito IDV l’introduzione del mio saggio (sull'organizzazione italiana) e la lettera "Colli di bottiglia".

La confusione totale, nella quale naviga la vita pubblica italiana (non solo quella politica) ha generato l'abitudine diffusa di vivere alla giornata. Chi vive alla giornata (TV aiutando), é portato a guardare la superfice, non in profondità. Oggi, nella vita pubblica italiana c'é un effetto macroscopico: si dice o si fa talvolta una cavolata, senza guardare se la cavolata genera la soluzione del problema (chi se ne frega), ma interessati al fatto che la cavolata fa colpo e potrebbe portare acqua ai guelfi o ghibellini. Si tratta, io credo di uno degli effetti della specificità italiana: il doppio linguaggio: quello che dici e quello che pensi.

Perché allora sorprendersi se le infrastutture italiane si fanno dieci anni dopo di quando servono ? Perché sorprendersi se i risultati di un programma gestito dai politici o dal parastato sono diversi dagli obiettivi previsti cinque anni prima ? Se facessimo valutare il comportamento dei ns politici e gestori del pubblico da una squadra di europei (francesi, inglesi, tedeschi, olandesi, nordici), la squadra suggerirebbe di mandare a casa qualche politico e tantissimi gestori dei servizi pubblici.

Per ultimo, quando si vive alla giornata, due cose possono accadere: scordare gli impegni presi, non finire un'attività iniziata.

Forse qualcuno di voi ha notato che le gestioni pubbliche sono peggiorate negli ultimi lustri, perlomeno a me sembra. E se cio' fosse legato al peggioramento dei comportamenti, tanto evidente ? Come si potrà mai avere comportamenti e competitività al livello della Europa, in un Paese che ha praticamente annullato la gestione del personale in base al merito ed alla esperienza ? Il garantismo del posto e il perdono assicurato a chi va fuori dalla correttezza e delle leggi, hanno forse sistemato lo stivale nella categoria dei Paesi in via di sottosviluppo.....

Perlomeno questa é la mia valutazione. Se ho sbagliato, non avro' sbagliato tutto.

Saluti da Parigi.

Antonio Greco
ANGREMA@wanadoo.fr

Il sottoscritto é disponibile a fare una presentazione, davanti a un pubblico serio, della divaricazione del Bel Paese dall’Europa.

19/12/2003
 
TORNARE NEL BEL PAESE ?
Parigi, dicembre 03

Sono appena andato in pensione, dopo ventuno anni di Francia. Durante i quali ho potuto realizzarmi senza trovare ostacoli anormali, senza imprevisti o vischiosità di ambiente. Raggiungimento dei miei obiettivi di lavoro ? Facile, solo con l’impegno. Col quale ho superato la sfida di lavorare in un ambiente europeo, competitivo.

Mio fratello, da Roma, mi chiede: Allora torni ? Gli rispondo: fossi fesso ! Gli spiego poi che, se la qualità di vita a Roma si avvicinasse a quella media europea a nord delle Alpi, sarei pronto a tornare.

Mia figlia mi chiede: Perché, la qualità di vita, spesso in Italia, é differente ?

Risposta: se quarant’anni fa la qualità di vita a Roma era paragonabile a quella delle altre capitali europee, negli ultimi lustri é successo qualcosa.

Livia vuol sapere di più, anche perché si sta laureando. Poi non si contenta di sentire “é successo qualcosa”. Mi assale un dubbio, riusciro’ a spiegarglielo ? Son tante le cose peggiorate, facile fare una lista. Ma come metterle in ordine logico perché una giovane capisse “chi ha provocato cosa, e perché” ?

Il concatenamento delle cause ed effetti credo sia ricostruibile. In generale, anche perché da una regione all’altra, possono esserci state differenze, specie nei tempi.

Alla base, un paio di piccoli tarli da sempre nel nostro DNA. La flessibilità, che avrebbe dovuto essere una buona cosa, almeno per gli esportatori. La preferenza per l’improvvisazione e per le attività iniziate e portate avanti, senza rotture di scatole come organizzazione o chiarezza di divisioni e ruoli. Siamo o non siamo famosi per l’intuito ? Con l’intuito si arriva sempre. E poi c’é più gusto !

E infatti nel dopoguerra ci fu l’esplosione dell’economia italiana, d’altronde, mi risulta, abbastanza ammirata in Europa. Fu un’esplosione facile e piena di successi. Merito della nostra creatività. E poi era un’epoca in cui c’era meno competizione, il ritmo delle attività economiche era meno rapido, il villaggio globale poi non c’era. C’era ancora abbastanza serietà, da permettere lo sviluppo di un Paese.

Nella seconda metà del secolo scorso oratori volenterosi insegnavano nelle piazze la democrazia. Fra loro anche alcuni meridionali, usi a gestire famiglie e affari con paternalismo, compari aiutando. La gran parte di quelli che erano arrivati alla fine della guerra e del fascismo, erano entusiasti, avevano voglia di costruire, erano in buona fede. Ma alcuni meridionali, infilatisi nei palazzi del potere parlando democrazia, iniziarono a tessere le fila degli affari fra amici, servendosi del sottobosco culturale in agguato.. Furono creati associazioni, industrie del parastato, partiti. File di aspiranti gerarchi del fascio sparirono. Come era già successo altre volte, chi ebbe più fiuto, per meglio scalare le nuove strutture, gonfiò il numero di chi asseriva essere stato dall’altra parte.

Enormi file di “resistenti” si crearono, i quali avrebbero un giorno avuto diritto ad un occhio di riguardo, o come minimo ad una raccomandazione. Era tale il numero, che qualcuno chiese: “ma allora, chi era fascista ?”

Nacque pian piano, guardinga all’inizio, una nuova classe di politici, con nuovi comportamenti, capaci di condizionare, trafficare , intermediare poteri e percentuali, nell’interesse proprio e del proprio clan. Chiamiamolo affari-politismo, commistione di affarismo privato, o di clans, e poteri politici. Sciascia scrisse che “la mentalità mafiosa si estese dalla Sicilia verso il Nord con una velocità di 100 km/anno”. Penso dicesse la verità. I settentrionali in gran parte non si occuparono di quanto avveniva nei palazzi del potere politico. Curarono i loro commerci e potenziarono nuove attività, svilupparono l’industria privata. Inventarono un nuovo tessuto produttivo, con comportamenti circa mittle-europei (allora).

Un giorno, prima della fine secolo, arrivarono il villaggio globale ed il mercato comune. I quali determinarono un’accelerazione dei ritmi delle economie. La mancata cura della chiarezza e di capacità organizzative e di programmazione, tarli inizialmente contenuti e senza apparenti conseguenze, si rivelo’, per l’aumento dei ritmi dell’economia, un boomerang. Le attività economiche che erano male organizzate, entrarono in tilt. Anche a causa del deterioramento dei meccanismi statali e parastatali.

Infatti la selezione degli alti dirigenti, nello stato e nel parastato (questo piuttosto vasto) non avvenne con criteri sempre limpidi. Si diffuse il comparaggio, si formarono clans e confraternite, talvolta di gente della stessa provincia o partito. Si formarono insomma delle cordate. Obiettivo era talvolta impadronirsi di una grossa struttura. Ovviamente con frequenti asserzioni di buone intenzioni.

Poiché i posti politici erano garantiti dal clan, perché impegnarsi ? Si diffuse l’uso della doppia verità. Sulla scena si affiggeva il cartello della propria responsabilità e del proprio ruolo. Nelle stanze chiuse iniziarono i traffici di influenze, negoziati di corridoio. Nacque un esercito di galoppini di collegamento fra i vari palazzi del potere, si mercanteggio’ in angoli bui di stanze segrete voti e prebende. Per scopi privati o di clans, inizio’il condizionamento di partiti, ognuno dei quali alzava una bandiera diversa, ma sempre democratica. Il linguaggio doppio si diffuse poi anche fuori dei palazzi del potere. Oggi esso distingue, per la sua diffusione, il nostro Paese da tanti Paesi avanzati della U.E.

Inizio’ la commistione di contratti pubblici e interessi di partito, talvolta anche di interessi privati. L’estensione a macchia d’olio di negoziati e prebende arrivo’ in tante province. I primi imprenditori ovviamente reagirono alle proposte di percentuali di ritorno nei contratti pubblici. Ma potettero resistere solo per un po’. Poi capirono quale musica bisognava suonare per avere buoni contratti.

La concorrenze di cordate diverse nella ripartizioni di percentuali e prebende, fece distrarre gli alti dirigenti del pubblico dai compiti loro assegnati. Divenne sempre più diffuso l’uso del proprio tempo ed energie per il lavoro in sottofondo piuttosto che per la macchina dello stato.

I cittadini, poiché questo cambiamento di abitudini all’inizio fu lento, prima si meravigliarono, poi si abituarono. Ora sono rassegnati all’inevitabile. Infatti la gestione di tanti ruoli pubblici di alto e medio calibro con fini e visioni di parte si é tanto diffusa. E poi una mano lava l’altra. In pratica si arrivo’ all’assurdo: nessuno é più responsabile, se qualche ruota non gira. Quando si parla di promozioni pero’, si diventa tutti attivi e si inventa l’impegno e l’attivismo. Sceneggiata italiana, quando é ben presentata la si puo’ chiamare commedia dell’Arte. Aveva ragione Goete, il quale scrisse il Viaggio in Italia, in un altro secolo: “Andate in Italia. Ma attenzione. Sono tutti furbi ! La furberia ha distrutto la società. Essa ha ormai un’aspetto molto diverso rispetto a tanti Paesi U.E.: non ci sono né colpevoli né responsabili, per ogni inconveniente. E come potrebbe essere altrimenti, in una società ove tutto é divenuto approssimativo ?

In due parole: in trent’anni son cambiati i comportamenti. Il livello di soglia dei comportamenti accettabili si é abbassato (dall’altezza della fronte a quella delle suole).

All’inizio del XXI secolo, improvvisamente ci si accorge che l’economia italiana perde colpi, fatica a competere. Io direi, ci penso da qualche annetto: non é eccessivo pretendere la competitività, se il Paese é disastrato, anzi una parte di esso non funziona ? Si puo’ avere competitività in un Paese che arranca ?

A ognuno la sua risposta.

Antonio Greco
ANGREMA@wanadoo.fr

10/12/2003
 
TORNARE NEL BEL PAESE ?
Parigi, dicembre 03


Sono appena andato in pensione, dopo ventuno anni di Francia. Durante i quali ho potuto realizzarmi senza trovare ostacoli anormali, senza imprevisti o vischiosità di ambiente. Raggiungimento dei miei obiettivi di lavoro ? Facile, solo con l’impegno. Col quale ho superato la sfida di lavorare in un ambiente europeo, competitivo.

Mio fratello, da Roma, mi chiede: Allora torni ? Gli rispondo: fossi fesso ! Gli spiego poi che, se la qualità di vita a Roma si avvicinasse a quella media europea a nord delle Alpi, sarei pronto a tornare.

Mia figlia mi chiede: Perché, la qualità di vita, spesso in Italia, é differente ?

Risposta: se quarant’anni fa la qualità di vita a Roma era paragonabile a quella delle altre capitali europee, negli ultimi lustri é successo qualcosa.

Livia vuol sapere di più, anche perché si sta laureando. Poi non si contenta di sentire “é successo qualcosa”. Mi assale un dubbio, riusciro’ a spiegarglielo ? Son tante le cose peggiorate, facile fare una lista. Ma come metterle in ordine logico perché una giovane capisse “chi ha provocato cosa, e perché” ?

Il concatenemento delle cause ed effetti credo sia ricostruibile. In generale, anche perché da una regione all’altra, possono esserci state differenze, specie nei tempi.

Alla base, un paio di piccoli tarli da sempre nel nostro DNA. La flessibilità, che avrebbe dovuto essere una buona cosa, almeno per gli esportatori. La preferenza per l’improvvisazione e per le attività iniziate e portate avanti, senza rotture di scatole come organizzazione o chiarezza di divisioni e ruoli. Siamo o non siamo famosi per l’intuito ? Con l’intuito si arriva sempre. E poi c’é più gusto !

E infatti nel dopoguerra ci fu l’esplosione dell’economia italiana, d’altronde, mi risulta, abbastanza ammirata in Europa. Fu un’esplosione facile e piena di successi. Merito della nostra creatività. E poi era un’epoca in cui c’era meno competizione, il ritmo delle attività economiche era meno rapido, il villaggio globale poi non c’era. C’era ancora abbastanza serietà, da permettere lo sviluppo di un Paese.

Nella seconda metà del secolo scorso oratori volenterosi insegnavano nelle piazze la democrazia. Fra loro anche molti meridionali, usi a gestire famiglie e affari con paternalismo, compari aiutando. La gran parte di quelli che erano arrivati alla fine della guerra e del fascismo, erano entusiasti, avevano voglia di costruire, erano in buona fede. Ma alcuni meridionali, infilatisi nei palazzi del potere parlando democrazia, iniziarono a tessere le fila degli affari fra amici, servendosi del sottobosco culturale in agguato.. Furono creati associazioni, industrie del parastato, partiti. File di aspiranti gerarchi del fascio sparirono. Come era già successo altre volte, chi ebbe più fiuto, per meglio scalare le nuove strutture, gonfiò il numero di chi asseriva essere stato dall’altra parte.

Enormi file di “resistenti” si crearono, i quali avrebbero un giorno avuto diritto ad un occhio di riguardo, o come minimo ad una raccomandazione. Era tale il numero, che qualcuno chiese: “ma allora, chi era fascista ?”

Nacque pian piano, guardinga all’inizio, una nuova classe di politici, con nuovi comportamenti, capaci di condizionare, trafficare , intermediare poteri e percentuali, nell’interesse proprio e del proprio clan. Chiamiamolo affari-politismo, commistione di affarismo privato, o di clans, e poteri politici. Sciascia scrisse che “la mentalità mafiosa si estese dalla Sicilia verso il Nord con una velocità di 100 km/anno”. Penso dicesse la verità. I settentrionali in gran parte non si occuparono di quanto avveniva nei palazzi del potere politico. Curarono i loro commerci e potenziarono nuove attività, svilupparono l’industria privata. Inventarono un nuovo tessuto produttivo, con comportamenti circa mittle-europei (allora).

Un giorno, prima della fine secolo, arrivarono il villaggio globale ed il mercato comune. I quali determinarono un’accelerazione dei ritmi delle economie. La mancata cura della chiarezza e di capacità organizzative e di programmazione, tarli inizialmente contenuti e senza apparenti conseguenze, si rivelo’, per l’aumento dei ritmi dell’economia, un boomerang. Le attività economiche che erano male organizzate, entrarono in tilt. Anche a causa del deterioramento dei meccanismi statali e parastatali.

Infatti la selezione degli alti dirigenti, nello stato e nel parastato (questo piuttosto vasto) non avvenne con criteri sempre limpidi. Si diffuse il comparaggio, si formarono clans e confraternite, talvolta di gente della stessa provincia o partito. Si formarono insomma delle cordate. Obiettivo era talvolta impadronirsi di una grossa struttura. Ovviamente con frequenti asserzioni di buone intenzioni.

Poiché i posti politici erano garantiti dal clan, perché impegnarsi ? Si diffuse l’uso della doppia verità. Sulla scena si affiggeva il cartello della propria responsabilità e del proprio ruolo. Nelle stanze chiuse iniziarono i traffici di influenze, negoziati di corridoio. Nacque un esercito di galoppini di collegamento fra i vari palazzi del potere, si mercanteggio’ in angoli bui di stanze segrete voti e prebende. Per scopi privati o di clans, inizio’il condizionamento di partiti, ognuno dei quali alzava una bandiera diversa, ma sempre democratica. Il linguaggio doppio si diffuse poi anche fuori dei palazzi del potere. Oggi esso distingue, per la sua diffusione, il nostro Paese da tanti Paesi avanzati della U.E.

Inizio’ la commistione di contratti pubblici e interessi di partito, talvolta anche di interessi privati. L’estensione a macchia d’olio di negoziati e prebende arrivo’ in tante province. I primi imprenditori ovviamente reagirono alle proposte di percentuali di ritorno nei contratti pubblici. Ma potettero resistere solo per un po’. Poi capirono quale musica bisognava suonare per avere buoni contratti.

La concorrenze di cordate diverse nella ripartizioni di percentuali e prebende, fece distrarre gli alti dirigenti del pubblico dai compiti loro assegnati. Divenne sempre più diffuso l’uso del proprio tempo ed energie per il lavoro in sottofondo piuttosto che per la macchina dello stato.

I cittadini, poiché questo cambiamento di abitudini all’inizio fu lento, prima si meravigliarono, poi si abituarono. Ora sono rassegnati all’inevitabile. Infatti la gestione di tanti ruoli pubblici di alto e medio calibro con fini e visioni di parte si é tanto diffusa. E poi una mano lava l’altra. In pratica si arrivo’ all’assurdo: nessuno é più responsabile, se qualche ruota non gira. Quando si parla di promozioni pero’, si diventa tutti attivi e si inventa l’impegno e l’attivismo. Sceneggiata italiana, quando é ben presentata la si puo’ chiamare commedia dell’Arte. Aveva ragione Goete, il quale scrisse il Viaggio in Italia, in un altro secolo: “Andate in Italia. Ma attenzione. Sono tutti furbi ! La furberia ha distrutto la società. Essa ha ormai un’aspetto molto diverso rispetto a tanti Paesi U.E.: non ci sono né colpevoli né responsabili, per ogni inconveniente. E come potrebbe essere altrimenti, in una società ove tutto é divenuto approssimativo ?

In due parole: in trent’anni son cambiati i comportamenti. Il livello di soglia dei comportamenti accettabili si é abbassato (dall’altezza della fronte a quella delle suole).

All’inizio del XXI secolo, improvvisamente ci si accorge che l’economia italiana perde colpi, fatica a competere. Io direi, ci penso da qualche annetto: non é eccessivo pretendere la competitività, se il Paese é disastrato, anzi una parte di esso non funziona ? Si puo’ avere competitività in un Paese che arranca ?

A ognuno la sua risposta.

Antonio Greco
ANGREMA@wanadoo.fr

09/12/2003
 
EVOLUZIONI DEL BEL PAESE
FLESSIBILITA (GLI ULTIMI ANNI DEL XX SECOLO)


Nei secoli, tante invasioni. Gli Italiani furono costretti a cambiare spesso padrone, condizioni di vita, garanzie e diritti. Successe quindi che si adattarono, presero alcuni caratteri, rimasti poi nel DNA. Adattarsi al nuovo padrone, non contrastarlo, evitare conflitti. Gli Italiani di oggi, davanti agli altri Europei, mostrano poca simpatia per la fermezza e la chiarezza.

E per questo che oggi in Europa si riconosce agli Italiani una grande flessibilità. D’altronde,
se non avessimo avuto nel passato lontano spirito di adattamento e flessibiltà, avremmo dovuto avere, per esistere, forza, disciplina ed eserciti paragonabili a quelli degli invasori. Non credo ne abbiamo avuti.

La flessibilità é certo un vantaggio rispetto agli altri europei, in un mercato competitivo, che evolve rapidamente. Purtroppo la nostra grande flessibilità, unita ad una talvolta limitata coerenza, debole spina dorsale, ha avuto anche conseguenze negative. Negli ultimi quaranta anni ci siamo velocemente adattati a nuovi usi e costumi. Le evoluzioni le ho risentite pressappoco cosi.

1. ANNI 60-70. Ancora diffusi i comportamenti abbastanza corretti nella società. La corruzione già esiste, ma non si é ancora diffusa ovunque. Essa é nascosta, ma cerca di espandersi nelle stanze del potere. La facciata del potere é la gestione del Paese e la lotta contro il comunismo. Dietro la facciata, l’affaripolitismo (=commistione di affarismo privato e politica) si diffonde e contribuisce a sostenere partiti politici e relative correnti.

2. ANNI 80-90. La diffusione a macchia d’olio della corruzione e dell’omertà nelle gestioni del potere nazionale, locale e degli enti di stato continua. Alla fine del secolo non ci sono organi istituzionali indenni dall’inquinamento in espansione. Persino la giustizia é colpita. Qualcuno comincia a dubitare che essa sia super-partes.

3. La larga e rapida diffusione, dappertutto, della corruzione, fa cambiare i comportamenti. La gestione frequentemente scorretta del potere per fini di parte é ormai ben conosciuta dal grande pubblico. I comportamenti scorretti o delittuosi non vengono più nascosti. Si confessa pubblicamente che le tangenti servono al partito o alle sue correnti. Ma l’affaripolitismo per arricchimenti personali é ancora nascosto.

4. Vengono alla luce, sempre più numerosi, i casi di uso del potere per scopi delittuosi. Contemporaneamente, forse a causa della incapacità (o non volontà) della giustizia di perseguire i colpevoli, si diffonde il senso dell’impunità di chi sta al potere. In certi ambienti, essere cooptati dal potere politico comporta l’accettazione dell’affaripolitismo privato. Contemporaneamente diminuisce il numero di cittadini che protestano e si scandalizzano nello scoprire gli usi scorretti del potere.

5. Appare chiaro che la % di gestori della cosa pubblica o degli enti statali che svolgono realmente il proprio ruolo diminuisce. Si diffonde l’idea che la carica pubblica o l’elezione non comporta necessariamente impegno né grandi obblighi inerenti al proprio ruolo.

6. La dietrologia, le manovre, i colpi bassi fra clans diversi, divengono comportamenti diffusi. Per i funzionari pubblici di alto calibro gestire l’ente o il servizio di cui si é (nominalmente) responsabile diviene sempre meno importante. Conservare la propria fetta di potere, restare a galla, é la preoccupazione prevalente.

7. Colla istituzione della Comunità Europea, le merci cominciano a passare le frontiere e nei Paesi della U.E. inizia la competizione. Produttori di beni e servizi devono fare fronte ad una competizione più accanita e difficile. In tale quadro economico divenuto complesso, i sistemi di produzione e vendita più efficienti emergono. Fra i Paesi della U.E., l’Italia si distingue per alcuni fattori particolari del suo quadro sociale, che hanno un impatto sulla competitività.

Eccoli:
- l’assenza di volontà e capacità organizzative, la diffusione dell’improvvisazione
(causa ed effetto della confusione in aumento) in un mercato sempre più complesso
creano difficoltà agli imprenditori.
- la difficoltà di realizzare i programmi pubblici previsti fa cambiare il quadro economico e quello pubblico. Si vive sempre di più alla giornata, i programmi divengono solo indicativi. Le promesse non si possono mantenere. Gli obbiettivi dichiarati si dimenticano.
- sparisce il valore “responsabilità del proprio operato”. Si diffonde a macchia d’olio il vecchio (ma una volta nascosto) uso di selezionare la classe dirigente per allacci personali. Il merito e l’esperienza, formalmente in auge, divengono in pratica valori dimenticati. L’unica cosa che conta ormai: conoscere un VIP potente.

8. In certi settori il numero di persone che si serve di un referente é troppo aumentato. Per cui l’uso di un referente diviene una carta sempre meno sicura. Per effetto di detti cambiamenti di valori, diviene chiaro ad un numero crescente di persone che compiere bene il proprio dovere, in modo corretto, non paga più. In conclusione, l’inaffidabilità, la confusione, regnano ormai sovrane nel sistema Italia. La competitività é sparita o sta sparendo. Gli imprenditori se ne lamentano. Il sistema Italia é ormai grippato in alcuni settori. Qualche imprenditore, nel battersi contro la inefficienza, comincia a capire che spostare la propria attività al Nord o all’Est del Paese é un opzione da considerare come ancora di salvezza.

9. La FIAT chiude il primo stabilimento. E il primo segno di una catastrofe in arrivo ? Le somiglianze del sistema Italia con i sistemi sociali del Sudamerica aumentano in certi settori. Chissà se un giorno i nostri allacci economici con i Paesi U.E. diminuiranno ? In tal caso ci resterebbe un’opzione: associarci ad un mercato comune del Sudamerica !

Conclusione. E ora di dire la verità. Se restiamo come siamo, se non realizziamo che bisogna cambiare, riconosciamo che siamo un Paese in via di sottosviluppo !

Antonio Greco
ANGREMA@wanadoo.fr

LA DECADENZA DEL BEL PAESE
DA TANGENTOPOLI AL....... SOTTOSVILUPPO ?

Comincio’ cosi, dopo la guerra.

La cintura era troppo stretta, bisognava soprattutto mangiare. E occorreva cominciare ad appagare i primi desideri. Il fascio, con le sue strutture, non dettava più legge. Tutti i cittadini si rimboccarono le maniche, e la ricostruzione ando’ avanti. Il Paese poté mangiare, commerciare, produrre e inventare nuovi bisogni. Anche guardando i boys americani. L’industria del mattone trascinò i consumi.

Intanto sulle pedane delle piazze, nuovi oratori insegnavano la democrazia. Fra loro molti meridionali, usi a gestire famiglie e affari con paternalismo, compari aiutando. La gran parte di quelli che erano arrivati alla fine della guerra e del fascismo, erano entusiasti, avevano voglia di costruire, erano in buona fede. Ma alcuni, infilatisi nei palazzi del potere parlando democrazia, iniziarono a tessere le fila degli affari fra amici, servendosi del sottobosco culturale in agguato. Per scopi privati o di clans, iniziarono a condizionare i partiti, ognuno dei quali alzava una bandiera diversa, ma sempre democratica. Iniziarono i traffici di influenze, i negoziati di corridoio, usarono un esercito di galoppini di collegamento fra i vari palazzi del potere, mercanteggiarono in angoli bui di stanze segrete voti e prebende. Furono creati associazioni, sindacati, industrie del parastato. File di aspiranti gerarchi del fascio sparirono. Come era già successo altre volte, chi ebbe più fiuto, per meglio scalare le nuove strutture, gonfiò il numero di chi asseriva essere stato dall’altra parte.
Enormi file di “resistenti” si crearono, i quali avrebbero un giorno avuto diritto ad un occhio di riguardo, o come minimo ad una raccomandazione. Era tale il numero, che qualcuno chiese: “ma allora, chi era fascista ?”

Presero il potere in alcuni ministeri certi politici, con nuovi comportamenti, capaci di condizionare, trafficare , intermediare poteri e percentuali, nell’interesse proprio e del proprio clan.. Chiamiamolo affari-politismo, commistione di affarismo privato, o di clans, e poteri politici. Sciascia scrisse che la mentalità mafiosa si estese dalla Sicilia verso il Nord con una velocità di 100 km/anno. I settentrionali in gran parte non si occuparono di quanto avveniva nei palazzi del potere politico. Curarono i loro commerci e potenziarono nuove attività, svilupparono l’industria privata. Inventarono un nuovo tessuto produttivo, con comportamenti circa mittle-europei.

Intanto si ristrutturarono nuovi poteri pubblici, nazionali e locali, che rilevarono le briglie che erano state dei gerarchi del fascio. Lo stato intervenne nell`economia. Nei nuovi palazzi del potere prevalevano gli uomini di legge, i quali spesso avevano una limitata conoscenza delle realtà sociali, ma una ottima conoscenza delle strutture dello stato. I nuovi politici, nel fare piccole e grandi carriere, diffondevano le loro abitudini, usavano parole democratiche nelle assemblee e stilavano spesso accordi di mutua assistenza. Sulla base di scelte politiche, ma non solo, si formarono in alcuni partiti correnti e clans. Gruppi solidali presero il potere in alcuni partiti che gestivano il Paese. Una volta installati in posizioni di comando, i gruppi di potere intavolarono negoziati con gli imprenditori che producevano ricchezza e beni di produzione. Gli appalti pubblici furono gestiti con metodi sempre più “mediterranei”. Le percentuali di ritorno divennero talvolta criteri di scelta nelle assegnazioni dei contratti importanti. Gli impresarii, in genere gente del Nord, si indignarono, ma poi, da Italiani svegli e adattabili, capirono la musica che si andava diffondendo e impararono a suonarla. All’inizio le grosse tangenti erano l’eccezione, ma in circa un decennio divennero la regola. Tangentopoli sembra nata nei palazzi romani, ma si estese facilmente anche alle più sperdute province.

La incapacità dei piemontesi, dalla fine ‘800, ad educare l’Italia appena formatasi, ad avere comportamenti europei o savoiardi, si rivelo’ alla fine del `900 un boomerang per il Paese. Il quale fu quindi facilmente permeabile, soprattutto durante la ricostruzione, alla corruzione diffusa, da Roma, da alcuni VIPs installatisi nei palazzi romani.

Il livello dell`Italia sociale, a fine secolo, e troppo degradato. Lontano da quello europeo, esso si avvicina a quello sudamericano. Il sottosviluppo é dietro la porta. O é gia arrivato ? Forse ci conviene aprire gli occhi !
Antonio Greco ANGREMA@wanadoo.fr



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